Traduzione Enrico Groppali
adattamento e regia Alberto Oliva
con Federica Sandrini
scene Marco di Napoli
costumi Giuseppe Avallone
musiche originali Gabriele Cosmi
disegno luci Cesare Accetta
direzione di scena Melissa de Vincenti
“Prima di scendere fra quella volgare accozzaglia, vorrei gridare all’aria un addio. Ma a chi sarebbe rivolto? … Mi sento così sola…”
In questa accorata esclamazione della giovane Else stanno il senso e la grande forza del testo di Schnitzler, dramma della solitudine e dell’indecisione scritto nel 1924, ma di straordinaria attualità.
Nell’anno in cui è scoppiato lo scandalo Weinstein e qualcuno ha cominciato a denunciare con piena convinzione gli abusi sessuali compiuti dai potenti a danno delle donne, soprattutto giovani, in cambio di opportunità lavorative, ha un valore speciale proporre Signorina Else. Grande classico della letteratura della Belle Epoque, questo racconto di Schnitzler adattato per il teatro da Alberto Oliva e Federica Sandrini, denuncia con la potenza verbale di uno dei massimi scrittori del primo Novecento, un caso emblematico di proposta indecente ai danni di una ragazzina, perpetrato da un uomo maturo, ricco e potente. Un flusso di coscienza inarrestabile e pieno di sincerità, sofferenza, dubbio, paura, senso di colpa, ci accompagna a riflettere su un tema scottante vissuto dal punto di vista della vittima. Else non riesce a resistere allo sguardo morboso di quel “porco” di Herr Von Dorsday e il gesto che arriva a compiere è definitivo e senza appello, monito forte e irreversibile per noi superstiti, chiamati a non accettare più comportamenti simili. È giunto il tempo di far risuonare le parole di questo testo in un tempo in cui ancora sono attualissime e ci chiedono giustizia.
La giovane protagonista del testo di Schnitzler incarna tutte le incertezze di una società in crisi, quella mitteleuropea tra le due guerre mondiali, non distante dalla nostra, anch’essa viziata da un recente, fantasmagorico boom economico che ha consentito a tutti di rivedere al rialzo le proprie aspettative e che adesso chiede ai giovani un conto salato, mentre sprofonda ogni anno di più, divorato dall’aquila della speculazione finanziaria e della crisi dei valori.
Else dice ripetutamente nel testo di essere in alto, e letteralmente lo è (alloggia ai piani alti di un albergo di montagna a oltre 1600 metri di altezza) ma si sente in alto anche rispetto agli altri, i suoi coetanei come gli adulti che la guardano dall’alto in basso e pretendono di giudicarne impulsi e comportamenti, ma non la capiscono e non la potranno capire mai più.
Else fluttua per aria, in alto, sospesa tra l’hotel e il cielo, seduta sul davanzale della finestra, sovrastata solo dall’ombra del monte Cimone, che la sovrasta col fascino sublime della sua Bellezza nei colori del tramonto
Per raccontare questa sospensione, la scenografia è fatta solo di bianche altalene che ondeggiano in uno spazio vuoto, circondato di specchi neri che moltiplicano e dilatano i confini, facendo perdere la percezione della realtà.
È lo spazio interiore di Else, che racconta, in un vertiginoso flusso di coscienza, le angosce e le paure, ma anche i sogni, le illusioni, le fantasie di un’adolescente che avrebbe voluto un futuro diverso. O, almeno, un futuro, che l’ipocrisia della famiglia e dell’ambiente in cui è costretta a vivere le impedisce di avere.
Le suggestioni relative all’ambientazione e all’atmosfera nostalgica e avulsa dalla realtà derivano da quanto scrive il traduttore, Enrico Groppali, a commento del testo, partendo da una battuta di Else che richiama il tema del doppio:
“Peccato che quel vetro gelido ci separi… che accordo perfetto regnerebbe tra noi” mormora Signorina Else alla sua immagine riflessa allo specchio per abbandonarsi, subito dopo, a una constatazione sommessa, una terribile lacerazione della psiche: “Ci sono telegrammi e hotel e montagne e stazioni e boschi ma le persone non esistono. Siamo noi ad immaginare l’esistenza”.
Else è un’ombra, forse è già morta prima ancora che si alzi il sipario su questa Commedia di Fantasmi che si rappresenta nel luogo deputato della degradazione e dello smarrimento contemporaneo dove ogni suono, ogni parola, ogni frase obbedisce alla legge freudiana della perdita della coscienza, all’absence dell’attacco isterico, allo smarrimento dell’io frantumato nella serie infinita delle fantasie di seduzione…
Forse davvero Else è lo spirito dei nostri tempi, un fantasma che aleggia sopra tutti noi, memoria del passato e anima che vaga indecisa senza trovare un approdo di pace interiore e ci scuote come un soffio di vento per spronarci ad agire.